I pazienti affetti da emofilia A e B grave sono trattati con concentrati plasmaderivati o ricombinanti di fattore VIII (FVIII) e fattore IX (FIX) ottenendo un significativo miglioramento della morbilità e della mortalità, come pure della qualità della vita. Oggi la profilassi rappresenta il “golden standard” per la gestione dell’emofilia, usando dosi fisse dei concentrati di FVIII/FIX con infusioni ad intervalli di tempo prefissati. Tuttavia tale trattamento è estremamente costoso e spesso complicato da emorragie ad elevato rischio per la vita e/o dall’insorgenza di inibitori contro il FVIII e il FIX. Queste considerazioni hanno portato a sviluppare nuovi approcci per il trattamento dell’emofilia usando il trasferimento genico mediato da un vettore virale. Sono in corso studi riguardanti la terapia genica nel trattamento dell’emofilia B. Come pure si stanno effettuando rapidamente sforzi nello sviluppo di vettori adatti al trattamento dell’emofilia A. la terapia genica per l’emofilia si basa sul trasferimento del gene con virus adeno-associati ricombinanti (rAAV), che derivano da molti sierotipi di AAV esistenti in natura e ritenuti non patogeni.
Sono stati completati con risultati limitati due studi clinici che hanno sfruttato i vettori rAAV per il trattamento dell’emofilia B. Il primo studio classico a dosi scalari riguardava 8 uomini trattati con iniezioni intramuscolari in varie parti del corpo di rAAV codificanti l’hFIX. Le iniezioni erano ben tollerate, ma l’espressione è stata minimale, dal momento che un solo individuo trattato con la dose bassa ha dimostrato di avere quantità rilevabili di hFIX, persistenti per un periodo di tempo superiore a 10 anni.
Un secondo studio clinico era mirato al fegato, considerato come sede naturale della sintesi del hFIX ed espressione del transgene. Inoltre il fegato è stato ritenuto essere un sito meno immunogenico delle iniezioni intramuscolari per lo sviluppo degli anticorpi neutralizzanti contro l’hFIX. In sette pazienti con emofilia B grave il vettore rAAV2 è stato iniettato nel fegato attraverso l’arteria epatica. Soltanto gli emofilici trattati con la dose più elevata (2×1012vg/kg) hanno dimostrato livelli misurabili di FIX nel sangue. Tuttavia tali livelli di FIX diminuivano dopo parecchie settimane.
Gli epatociti esprimenti l’hFIX erano distrutti all’apparire nel sangue dei T-linfociti citotossici. Tra i molteplici sierotipi l’AAV8 sembra essere più efficiente nel transdurre epatociti. Un altro fattore favorevole per il sierotipo AAV8 è che il genoma è rapidamente scoperto, condizione che porta ad una altrettanto rapida espressione. L’incidenza degli anticorpi neutralizzandi con AAV8 è di circa 20%, anche se recenti studi riportano una percentuale più alta.
Due studi hanno dimostrato che l’immunosoppressione transitoria potrebbe facilitare la transduzione epatica in modelli animali. Studi preclinici condotti su topi hanno dimostrato di ottenere un aumento dose-dipendente del FIX fino al 100% in animali che ricevevano la dose più alta. In questi studi la ricezione del vettore da parte del fegato attraverso l’iniezione periferica era equivalente a quella ottenuta con l’infusione attraverso la vena porta. Inoltre è stato trovato che le particelle del vettore scAAV2/8 sono molto più efficaci nella trasduzione epatocitaria rispetto al vettore ssrAAV2/8. Anche studi preclinici su epatociti di primati non-umani hanno avuto successo usando iniezioni di vene periferiche. Malgrado l’osservazione nel topo, i due sierotipi sono apparsi maggiormente equivalenti nei primati non-umani e negli studi clinici.
Dodici soggetti hanno partecipato ad uno studio clinico di fase classica I/II a dosi scalari. La dose iniziale era di 2×1011 vettori genomi (vg)/kg, con una dose intermedia di 6×1011vg/kg e una dose più alta di 2×1012 vg/kg rispettivamente.
Risultati riguardanti i primi 10 pazienti, che erano stati seguiti per 3 anni o più dopo l’iniezione di un singolo vettore, hanno dimostrato livelli misurabili di FIX. Una produzione stabile di hFIX è stato osservato in 2 pazienti recentemente trattati. La media dei livelli di FIX era 5.1% ± 1.7% nei primi sei pazienti che avevano ricevuto la dose più alta, avendo ciascuno una produzione ≥2%. L’espressione del FIX risultava in una significativa riduzione della terapia sostitutiva con FIX. La maggior parte dei pazienti accusarono un lieve aumento delle transaminasi, risolto somministrando prednisolone appena compariva un aumento del 50% o più del valore basale. I corticosteroidi furono somministrati per una o due settimane e sospesi quando i valori delle transaminasi ritornavano normali. La terapia steroidea consentiva il mantenimento dei livelli di FIX in ciascun paziente. Altri studi in corso riguardanti l’uso di F9 cDNA includente la mutazione Padua, che aumenta più di 8 volte l’espressione del FIX, conferma i risultati del trasferimento del gene AAV- mediato seguito alla somministrazione del vettore per via sistemica. In nessuno studio sono stati osservati eventi avversi. I dati migliori emergono dallo studio clinico che ha utilizzato un nuovo AAV progettato con capside e codone ottimizzati e la variante Padua con guadagno funzionale.
I dati mostrano che la bassa dose del loro vettore (5×1011vg/kg) produce livelli stabili dell’attività del FIX compresi tra il 12 e il 13% del valore normale, somministrando una singola iniezione di SPK-9001 alla dose iniziale dello studio.
La sequenza del codone del FVIII umano (lunghezza 7 kb) è troppo grande per essere inglobata in una capside di AAV. Il FVIII ha tre domini funzionali. Il dominio B può essere deleto lasciando al suo posto uno spazio pari 226 aminoacidi nella costruzione del vettore. Nello spazio sono state incluse triplette aminoacidiche, che funzionano come siti di glicosilazione, così che è stato confezionato un vettore di 5.2 kb dopo aver ottimizzato le sequenze del codone. In uno studio nove soggetti con emofilia A grave sono stati trattati a dosi comprese tra 6×1012 e 6×1013 vg/kg, usando un vettore AAV5 contenente il codone ottimizzato legante S (serina) Q (glutamina) espressione del FVIII. In sette pazienti trattati con la dose di 6×1013vg/kg sono stati ottenuti livelli di FVIII compresi nel range di normalità di 40-150% per oltre 12 settimane dopo il trasferimento del gene, mostrando una caduta del 91% della media annuale degli eventi emorragici e una riduzione del 98% delle infusioni profilattiche.
Il futuro della terapia genica in emofilia sembra essere molto stimolante. Tuttavia molti criticismi rimangono ancora da chiarire:
- La risposta delle cellule-T CD8+ al capside AAV
- L’immunosoppressione transitoria
- La dose terapeutica più bassa del vettore
- Il sierotipo AAV migliore da usare
- L’approccio sicuro nei pazienti pediatrici
- Mantenere l’espressione del transgene AAV-mediata nei bambini
- La frequenza di somministrazione delle dosi
- L’espressione a lungo-termine dei valori normali di FVIII/FIX
- L’utilità della sintesi cronica transgenica del FVIII/FIX da parte del fegato in corso di immunotolleranza in emofilici con inibitore.
Letture consigliate
- Nienhuis AW, Nathwani AC, Davidoff AM. (2017). Gene therapy for Hemophilia. Mol Ther. 3;25(5):1163-1167
- Clement, N., and Grieger, J.C. (2016). Manufacturing of recombinant adeno-associated viral vectors for clinical trials. Mol. Ther. Methods Clin. Dev. 3, 16002.
- Lheriteau, E., Davidoff, A.M., and Nathwani, A.C. (2015). Haemophilia gene therapy:Progress and challenges. Blood Rev. 29, 321–328.
- Gao, G.P., Alvira, M.R., Wang, L., Calcedo, R., Johnston, J., and Wilson, J.M. (2002).Novel adeno-associated viruses from rhesusmonkeys as vectors for human gene therapy. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 99, 11854–11859.