Due recenti ordinanze della Corte di Cassazione, la numero 3721 dell’8 febbraio 2019 e la numero 4995 dell’8 aprile 2019, hanno affrontato il tema della responsabilità dello Stato italiano nei confronti dei danni derivati da trasfusioni di sangue infetto dai virus dell’epatite B (HBV) e C (HCV).
In breve, queste due sentenze ribadiscono la responsabilità dello Stato italiano, che deve risarcire i pazienti infettati con questi virus trasmessi da trasfusioni ricevute prima dell’identificazione dei virus stessi e dell’individuazione dei test di screening. Infatti, nonostante il test per l’epatite B sia stato introdotto nel 1978 e quello per l’epatite C solamente nel 1988, era noto fin dagli anni ’60 che il sangue potesse trasmettere malattie infettive epatiche. Compito dello Stato era pertanto quello di vigilare sulle attività di raccolta di sangue e sui donatori stessi, mettendo in atto tutte quelle misure (controllo delle transaminasi nei donatori di sangue prima della donazione, anamnesi, etc) in grado di prevenire la trasmissione dei virus. In definitiva, queste due sentenze hanno riconosciuto la responsabilità del Ministero della Salute per l’omissione dei controlli in materia di raccolta e distribuzione del sangue per uso terapeutico e sull’idoneità dello stesso ad essere oggetto di trasfusione.