UKHCDO Inhibitor Working Party ha recentemente pubblicato le sue linee guidaper la il controllo dei sanguinamenti in corso di trattamento con emicizumab in pazienti con inibitore.
L’emicizumab® (Roche, Basel, Switzerland) rappresenta un innovativo trattamento per il mondo dell’emofilia. Esso non si configura come un trattamento sostitutivo della proteina mancante ma è un anticorpo bispecifico che si lega al F IX/IXa e FX/ FXa procedendo alle attivazioni in assenza del FVIII.
È oramai ampiamente dimostrato che riduce gli episodi di sanguinamento in soggetti con emofilia A complicata da un inibitore del FVIII e con questa indicazione è entrato nei prontuari terapeuti di molti paesi.
Il trattamento con emicizumab ha migliorato notevolmente la qualità di vita dei pazienti con inibitore riducendo drasticamente il numero degli episodi emorragici. Ciò nonostante è inevitabile registrare episodi spontanei o traumatici che debbano richiedere un trattamento farmacologico aggiuntivo per il controllo emostatico. Ciò che segue è la sintesi delle indicazioni consigliate dalUKHCDO Inhibitor Working Partysull’atteggiamento clinico terapeutico da rispettare in corso di sanguinamenti nei pazienti con emofilia A complicata da inibitori. Gli stessi clinici inglesi sottolineano tuttavia che le loro linee guida sono un documento che ha trovato il consenso degli esperti britannici e sono state scritte valutando l’organizzazione sanitaria inglese. In altre realtà queste stesse linee potrebbero aver bisogno di essere rivedute sulla base di una diversa organizzazione sanitaria. Linee guida, a loro dire, che avranno bisogno di numerose rivisitazioni nel corso del tempo.
Premessa
L’esperienza clinica ha dimostrato che la co-somministrazione di Emicizumab e del Complesso Protrombinico attivato (aPCC, FEIBA® ) è associata a microangiopatia trombotica (TMA), a trombosi venosa e a necrosi cutanea. Questi eventi avversi sono stati osservati quando l’aPCC viene utilizzato per più di un giorno e a dosi cumulative superiore a 100 U/kg /die.
Nel caso in cui i trattamenti necessitino di dosaggi inferiori queste complicanze sembrano non presentarsi. Tuttavia è decisamente basso il numero delle segnalazioni di pazienti trattati con Emicizumab e con aPCC a dosi inferiori a 100 U/kg/die; pertanto, il rischio di eventi avversi a basse dosi di aPCC non può presumersi che sia pari a zero, specialmente se l’aPCC viene utilizzato per più di 24 ore.
Al contrario ad oggi, non sono stati associati eventi avversi trombotici o TMA con la co-amministrazione di Emicizumab e FVIIa ricombinante (rFVIIa, Novoseven®) o con terapia sostitutiva con FVIII, qualora il titolo di inibitore lo permetta.
Ma anche qui il numero di pazienti trattati rimane relativamente piccolo e il rischio di eventi trombotici non possono essere esclusi. Bisogna sempre ricordare che solo su considerazioni puramente teoriche, la co-somministrazione di FVIII ed Emicizumab si ritiene che siano associate a un minor rischio di trombosi rispetto a aPCC e rFVIIa.
Pertanto anche questo punto rimane da confermare con studi clinici .
È plausibile che gli eventi trombotici venosi siano correlati all’aumentata generazione di trombina che sarebbe determinata dall’associazione dell’anticorpo bispecifico e dal aPCC. Invece il meccanismo che causa la TMA e la necrosi cutanea non è chiaro.
Queste le informazioni attualmente possedute dalla comunità scientifica e su queste basi i medici inglesi hanno sviluppato un decalogo di comportamento riportato qui di seguito.
Avvertenze Generali
- L’Emicizumab deve essere prescritto solo a pazienti Emofilici A con inibitore in cura presso Centri per l’Emofilia che abbiano una comprovata esperienza nel trattamento di pazienti con inibitori.
- Il Centro prescrittore deve assumersi la piena responsabilità della gestione clinica del paziente e del monitoraggio di Emicizumab.
- I pazienti che ricevono Emicizumab dovrebbero avere la possibilità di interagire con i medici esperti 24h/24h per consigliarsi sul trattamento degli eventuali episodi emorragici.
- Gli agenti di bypassanti (aPCC/rFVIIa) dovrebbero essere sospesi almeno un giorno prima dell’inizio del trattamento con Emicizumab. Per estrema precauzione i pazienti non devono poter disporre a domicilio di scorte di Complesso Protrombinico Attivato (aPCC) .
- Emicizumab interferisce, usando reagenti di derivazione umana, con il dosaggio one-stage del FVIII e con i saggi cromogenici del FVIII.
Una volta che sia stata indotta terapia con Emicizumab, per il monitoraggio di un eventuale trattamento sostitutivo con FVIII, è necessario utilizzare un dosaggio cromogenico del FVIII con reagenti di derivazione bovina..
- Per il controllo del titolo dell’inibitore è necessario eseguire il test Bethesda utilizzando un test cromogenico con reagenti bovini.
- Prima di indurre profilassi con Emicizumab, è opportuno prelevare campioni di plasma e determinare il titolo di inibitore di FVIII antiumano e antiporcino.
- Durante il trattamento con Emicizumab l’utilizzo di agenti bypassanti e di terapia sostitutiva con FVIII, deve essere attentamente controllato e registrato.Nel Regno Unito queste informazioni devono essere inviate ai Centri Emofilia e al NHD per mezzo di Haemtrack7 un sistema che mediante una app ed uno smartphone è in grado di mantenere un contatto costante tra paziente e medico.
- Gli eventi avversi devono essere segnalati sia ai regolatori attraverso canali appropriati e, nel Regno Unito, al NHD.
- I dati dovrebbero essere raccolti in modo prospettico su sicurezza ed efficacia soprattutto in relazione alla co-prescrizione dell’emicizumab con altri presidi terapeuti per rendere più solide le linee guida del futuro.
- Emicizumab ha una lunga emivita, e le raccomandazioni descritte in questa guida devono essere osservate anche per 6 mesi dopo l’interruzione del farmaco.
Il trattamento degli episodi emorragici
Nei pazienti che ricevono Emicizumab il verificarsi di sanguinamenti minori possono in diversi casi risolversi senza ulteriore terapia emostatica. Nei sanguinamenti mucosi più fastidiosi l’acido tranexamico anche da solo può essere sufficiente. Attenzione! L’acido tranexamico non deve essere assolutamente usato in combinazione con aPCC ma può essere usato in associazione con rFVIIa.
Se si è in presenza di un evento emorragico che si ritiene necessiti di un intervento farmacologico, il paziente deve immediatamente interagire con la struttura di riferimento prima di intraprendere qualunque terapia. La valutazione dei sintomi e i segni da parte del clinico esperto possono essere di fondamentale importanza prima di decidere se iniziare o meno una terapia emostatica. Comunque i sanguinamenti ad alto rischio dovrebbero essere trattati il prima possibile.
I sanguinamenti non dovrebbero essere trattati con PCC a meno che non vi siano altre alternative. Il trattamento di prima linea per i sanguinamenti, in corso di trattamento con Emicizumab, che richiedono un intervento farmacologico emostatico è il rFVIIa. Durante il trattamento e nell’immediato periodo successivo i pazienti devono essere attentamente osservati per eventuali sintomi di trombosi venosa e arteriosa.
Per ridurre il rischio di trombosi, la dose iniziale di rFVIIa non deve superare 90 μg/ kg. Per alcuni sanguinamenti il rFVIIa anche a dosi di 45 μg/kg/4 ore può essere efficace. Dobbiamo sempre ricordare che l’emicizumab e l’rFVIIa determinano generazione di trombina, quindi l’obiettivo è trovare il dosaggio più basso emostaticamente efficace e che non attivi un eccesso di trombina. Tuttavia dobbiamo sempre ricordare che attualmente questi schemi di dosaggio non sono basati su esperienze documentate e pubblicate. Estrema cautela e prudenza deve governare ogni decisione in merito. Il programma è un equilibrio pragmatico tra il rischio di eventi avversi e la necessità di trattare adeguatamente i sanguinamenti. Se dosi più basse o frequenze inferiori di rFVIIa non danno luogo ad un’adeguata risposta emostatica, il rFVIIa dovrebbe essere aumentato a 90 μg/kg/h prima che si presuma che abbia fallito. Queste indicazioni ovviamente potrebbero essere riviste man mano che ulteriori dati si renderanno disponibili.
I medici e i pazienti devono concordare la dose del rFVIIa e la frequenza di somministrazione che può essere praticata domiciliarmente come automedicazione. Se un’emorragia non risponde alla dose più alta concordata e il titolo di inibitore del FVIII è basso, può essere valutata la possibilità di una terapia sostitutiva con il FVIII. Va sempre tenuto presente che questo può portare ad una risposta anamnestica e ad un aumento del titolo di inibitore.
Il fattore VIII porcino ricombinante (rpFVIII, Obizur®) non è autorizzato per il trattamento dell’emofilia congenita A. Tuttavia se non vi è una risposta efficace al trattamento con rFVIIa o con aPCC e se l’inibitore porcino è basso e in presenza di un inibitore umano elevato, può essere presa in considerazione la possibilità di trattare gli episodi di sanguinamento con rpFVIII.
Solo se un sanguinamento grave non ha risposto a rFVIIa e non sono disponibili altre
opzioni, si può prendere in considerazione l’uso di aPCC.
La prima dose di aPCC dovrebbe non superare 50 U/kg, anche per un sanguinamento grave. Una seconda dose, se necessario, di 25-50 U/kg può essere valutata nel primo giorno di trattamento. In ogni caso la dose cumulativa non dovrebbe normalmente superare 100 U/kg/die. Se il trattamento con aPCC è richiesto per più di una dose, il paziente deve essere ricoverato in ospedale e valutato due volte al giorno per la ricerca di segni di laboratorio che possano evidenziare un rischio di TMA. Questo include l’emocromo (full blood count: FBC) per la ricerca di una diminuzione di emoglobina e/o piastrine, schistociti, reticolociti, D-dimero, funzione renale, LDH e aptoglobina. Se il monitoraggio di laboratorio suggerisce lo sviluppo di TMA, l’aPCC deve essere immediatamente interrotto.
L’episodio riportato di necrosi cutanea è stato osservato in un’area di pelle che era stata oggetto di crioterapia. Però non abbiamo elementi per sostenere se questo sia un evento correlato o incidentale; comunque, i clinici dovrebbero essere cauti sull’uso della crioterapia nei pazienti che ricevono Emicizumab e aPCC.
Emicizumab e immunotolleranza
Non ci sono dati sull’uso della profilassi di Emicizumab durante l’induzione di immunotolleranza (ITI). La sicurezza della loro associazione non è dimostrata.
L’Emicizumab dovrebbe essere preso in considerazione solo durante l’ITI per i pazienti con frequenti e importanti episodi emorragici.
Chirurgia
Pochi e disomogenei sono i dati in letteratura che riportano esperienze sull’uso di emicizumab in chirurgia. Rari i casi dell’utilizzo in chirurgia maggiore.
Le poche esperienze sono riferite principalmente ad un abstract che ha descritto 29 interventi chirurgici in 22 pazienti trattati con Emicizumab. Di questi, 15 sono rappresentati da estrazioni dentali o procedure di accesso venoso centrale (CVAD), 12 erano altre procedure minori e 2 erano procedure più importanti. Nessun agente bypassante è stato utilizzato in 19 casi, mentre questi sono stati impiegati in 10 casi.
Dei 19 casi sopra riportati, tutti ambulatoriali, gestiti senza bypassanti, 5 (26%) hanno presentato sanguinamenti postoperatori di cui 3 riferiti ad estrazioni dentali. Il trattamento con rFVIIa si è reso necessario in un solo caso in riferimento ad una procedura di artroscopia ortopedica che includeva sinoviectomia e “debridement”.
Nei 10 casi trattati, in aggiunta all’emicizumab, con un agente bypassante al momento dell’intervento (9 con rFVIIa e 1 con aPCC – dosi o frequenze non riportate), vengono riportati due sanguinamenti postoperatori che hanno richiesto un trattamento aggiuntivo con rFVIIa.
Un’altra esperienza riporta di una sostituzione dell’anca, sempre in corso di trattamento con emicizumab, eseguita dopo somministrazione di 100 μg/kg di rFVIIa prima della procedura. A seguire furono somministrati 80 μg/kg ogni 3 ore nel periodo perioperatorio. Nonostante questo piano terapeutico, si è sviluppato un ematoma della coscia già nel primo giorno postoperatorio che ha richiesto una terapia sostitutiva con FVIII mediante infusione continua.
In quest’ultimo caso i clinici hanno controllato i parametri di generazione della trombina trovandoli in un range di normalità sia nel periodo preoperatorio, mentre il paziente era in profilassi solo con Emicizumab, sia nel perioperatorio quando è stato necessario intervenire dapprima con i bypassanti e poi con la terapia sostitutiva.
Dunque, alla luce di queste esperienze, per interventi minori, come procedure CVAD ed estrazioni dentali, si può prendere in considerazione l’associazione con l’acido tranexamico senza ulteriore copertura emostatica. Per gestire eventuali sanguinamenti più complessi correlati alle situazioni di cui sopra è necessario predisporre un rigido protocollo comportamentale che comporti l’uso di rFVIIa.
Nei pazienti con inibitori a basso titolo, l’uso di FVIII umano o porcino rappresentano opzioni possibili. Comunque è necessario valutare attentamente le conseguenze di una risposta anamnestica anche in prospettiva di ulteriori possibili necessità di intervento successivo.
Per quanto riguarda gli interventi chirurgici a più alta complessità, le conoscenze e le esperienze cliniche sono molto limitate. E’ probabile che le attuali limitazioni di intervento, in corso di trattamento con emicizumab, non possano garantire un’adeguata emostasi. Si ritiene che interventi complessi debbano essere rimandati sino a quando non saranno disponibili dati più chiari.
Non ci sono dati per supportare l’uso della generazione di trombina o tromboelastografia per monitorare l’emostasi durante l’intervento con Emicizumab.
Conclusione
L’Emicizumab ha dimostrato di ridurre il numero di sanguinamenti e di migliorare la qualità della vita dei pazienti con emofilia A con inibitore. Si sono tuttavia verificati gravi eventi avversi quando l’emicizumab è stato usato in associazione con aPCC.
Alla luce di questi dati certi, le raccomandazioni sopra riportate hanno l’obbiettivo di fornire riflessioni per minimizzare il rischio di eventi avversi. La prossima revisione di queste linee guida è prevista dal UKHCDOnel Gennaio 2019.
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