E’opinione condivisa dagli esperti che, anche nei pazienti con emofilia, tutte le vaccinazioni di routine debbano essere somministrate al momento opportuno seguendo le linee guida dei sistemi sanitari dei rispettivi paesi. Tuttavia è ancora in discussione se queste debbano essere somministrate usando la via intramuscolare o sottocutanea. Infatti è aperto il dibattito su quale sia, in questa popolazione, il reale rischio/beneficio di ognuna delle due vie di somministrazione.
La maggior parte dei consensi è per le vaccinazioni praticate utilizzando la via sottocutanea in tutti gli emofiliaci di ogni età. Il rischio associato all’iniezione intramuscolare è essenzialmente l’evenienza di un sanguinamento intramuscolare. Tuttavia quello che più preoccupa gli specialisti è che un episodio emorragico, in concomitanza di una stimolazione immunitaria, potrebbe determinare un potenziale aumento del rischio della comparsa degli inibitori. Al contrario l’iniezione sottocutanea aumenta il rischio di effetti collaterali locali (edema, eritema, prurito e formazione di granuloma) in particolare per l’adiuvante contenuto nei vaccini. In più quest’ultima via di somministrazione sembrerebbe avere un effetto sulla immunogenicità, riducendone l’efficacia, come risulta da tassi di sieroconversione significativamente più bassi e da un più rapido decadimento della risposta anticorpale. Le cause vengono attribuite alla scarsa vascolarizzazione del sottocutaneo che causerebbe una lenta mobilizzazione e una difficoltosa presentazione dell’antigene.
Queste ipotesi però sembrerebbero messe in dubbio da una esperienza condotta nel 2018 dall’ European Pediatric Network for Haemophilia Management (PedNet) il quale non ha trovato alcuna associazione tra vaccinazioni somministrate poco prima o dopo l’esposizione al FVIII (48 ore prima e 24 ore dopo) e lo sviluppo di inibitori in pazienti precedentemente non trattati (prima di 75 ED); è da notare inoltre che in questo studio tra 375 bambini con emofilia grave, la via di somministrazione era intramuscolare per il 18,9% dei pazienti, per via sottocutanea per il 74,0% e sconosciuta per il 6,9% .
L’inibitore rimane dunque la preoccupazione principale dei medici e dei pazienti in specie nell’emofilia grave e la scelta della via di somministrazione, in assenza di dati certi, è dunque sempre critica.
Un’altro aspetto critico è rappresentato dal fatto che in alcuni paesi (come la Francia e l’Italia) sono presenti movimenti che raccolgono ampi strati della popolazione che si oppongono ai programmi di vaccinazione; comportamento questo che rischia di portare conseguentemente ad un’immunità insufficiente del gregge. E questo, in considerazione dell’ipotesi che la vaccinazione sottocutanea negli emofilici determini tassi di sieroconversione potenzialmente più bassi, potrebbe rappresentare per quest’ultimi un ulteriore rischio.
Un gruppo francese (A.Hochart et al. 2019 ) ha condotto uno studio retrospettivo con l’obiettivo di valutare quale possa essere il rischio di sviluppo di un ‘ematoma intramuscolare , che richieda trattamento sostitutivo, in pazienti emofilici gravi e moderati (<2%) in corso di vaccinazione intramuscolare. Vaccinazione, come già sottolineato, ritenuta più efficiente per acquisire immunità vaccinale. La popolazione studiata era composta da pazienti inclusi nella coorte nazionale emofiliaca francese (FranceCoag) dai centri per l’emofilia di Bordeaux, Lille, Lione e Marsiglia.Sono stati inclusi tutti i pazienti emofilici, con fattore VIII o IX <2%, nati tra gennaio 2000 e gennaio 2019 la cui diagnosi era stata fatta dopo il periodo vaccinale. I criteri di esclusione erano una diagnosi di emofilia fatta prima di 2 mesi di età (età della prima somministrazione di vaccino in Francia) e / o assenza di vaccinazione intramuscolare al momento della diagnosi. E’ stata così ottenuta una popolazione omogenea di emofiliaci gravi o moderati che avevano ricevuto almeno una vaccinazione intramuscolare (secondo le raccomandazioni francesi) prima della diagnosi di emofilia. Non sono state utilizzate precauzioni specifiche (come la compressione prolungata). I dati sono stati raccolti dagli operatori di ciascun centro nel gennaio 2019. I dati raccolti erano età alla diagnosi, tipo di emofilia, livello di FVIII o FIX, numero di vaccinazioni intramuscolari, tipo di vaccino, data delle iniezioni, presenza di ematoma dopo l’iniezione, necessità di cure mediche consultazione e necessità di trattamento emostatico dopo l’iniezione Tra i 113 pazienti inclusi, l’età media alla diagnosi era di 9 mesi (intervallo: 2-74 mesi). Quindici avevano emofilia B (13%) e 98 avevano emofilia A (87%). Sedici avevano un’emofilia moderata (14%) e 97 avevano un’emofilia grave (86%). I pazienti hanno ricevuto un totale di 549 vaccinazioni intramuscolari; corrispondente alla mediana di cinque iniezioni per paziente (intervallo: 1‐15). Tra le 549 vaccinazioni intramuscolari, nel 98% dei casi (538 pazienti) non sono stati osservati ematomi, mentre è stato osservato 11 volte in 11 pazienti diversi (2%). Tra gli 11 pazienti che hanno sviluppato ematoma, 10 avevano emofilia A e uno aveva emofilia B; degli 11, nove avevano un’emofilia grave e due avevano un’emofilia moderata. Sette ematomi non hanno richiesto alcun intervento, tre ematomi sono stati seguiti da un consulto medico e uno ha richiesto intervento medico che ha portato alla diagnosi di emofilia e al trattamento sostitutivo.
Dunque nella popolazione esaminata, i bambini emofilici, a cui non era ancora stata diagnosticata l’emofilia (fattore <2%), hanno praticato programma vaccinale, così come raccomandato dalle loro istituzioni sanitari, mediante iniezione intramuscolare senza alcuna precauzione riguardo all’emostasi.
Ciononostante in meno del 1% dei casi di iniezione intramuscolare (tra 549 iniezioni) si è dovuto procedere per la comparsa di ematomi alla consultazione medica (0,5%) o al trattamento con terapia sostitutiva (0,2%).
Qui può essere utile sottolineare come i dati pubblicati dal gruppo PedNet (accennato in precedenza) hanno dimostrato che il trattamento antiemofilico può essere praticato in prossimità temporale dell’iniezione di un vaccino senza determinare un aumento della comparsa di inibitori. Questa osservazione fa riferimento sia alla somministrazione sottocutanea che a quella intramuscolare. Tuttavia i casi in cui si è praticata la somministrazione intramuscolare rappresentano una percentuale molto modesta per cui estrapolando il dato, per questa via di somministrazione, non ha valore significativo.
Uno dei limiti di questo studio retrospettivo è che, poiché l’emofilia non veniva diagnosticata, alcuni piccoli ematomi potrebbero non essere stati segnalati poiché i genitori potrebbero non aver pensato che fosse importante contattare il medico del proprio bambino.
Inoltre in questo studio osservazionale non è stata studiata la tolleranza e il livello di immunizzazione ottenuto nei pazienti che hanno ricevuto la vaccinazione sottocutanea.
Sulla base di queste considerazioni e dei dati acquisiti, l’unico dato certo sembra che la via intramuscolare per la somministrazione di vaccini sia praticabile anche nei pazienti emofiliaci.
Al fine di ridurre al minimo il rischio emorragico, forse questa scelta potrebbe essere accompagnata da raccomandazioni pratiche come la somministrazione nelle prime ore del giorno (che consente l’osservazione parentale per tuttoil giorno), utilizzando l’ago del calibro più piccolo possibile, in un’area facilmente comprimibile (come il braccio o coscia) in collaborazione con medico di medicina generale o pediatra, con compressione prolungata (almeno 10 minuti) senza sfregamento e monitoraggio mediante osservazione dei genitori. Ovviamente, questa raccomandazione non è applicabile per altri tipi di iniezioni intramuscolari. In effetti, il volume delle iniezioni di vaccino è estremamente ridotto (0,5 ml) che consente l’uso di aghi più piccoli (23-25 G), mentre, ad esempio, il volume medio di un antibiotico da un 1 g usato nella popolazione pediatrica è di 3,5 mL e che 1 mg di vitamina K1 (utilizzata per la prevenzione della malattia emorragica nei neonati) è 1 mL.
Dunque i risultati qui presentati suggeriscono che i vaccini possono essere somministrati mediante iniezione intramuscolare in modo sicuro, con alcune precauzioni, anche in pazienti emofilici. Tuttavia saranno ancora necessari ulteriori studi per stabilire se, in caso di vaccinazione intramuscolare, vi sia un maggior rischio di comparsa di inibitori.
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