Risposta immunitaria patogenetica alla terapia con fattore VIII: risposta esacerbata o induzione della immunotolleranza fallita?

Il concentrato di fattore VIII utilizzato in terapia è altamente immunogeno. Nonostante i numerosi studi effettuati negli ultimi decenni, i motivi per cui il 5-30% dei pazienti con emofilia A (di ogni grado) sviluppino anticorpi inibitori anti-fattore VIII dopo trattamento sostitutivo rimangono tuttora un enigma. In condizioni fisiologiche, il fattore VIII endogeno è riconosciuto dal sistema immunitario. Allo stesso modo, numerose osservazioni indicano che, nei pazienti con emofilia A senza inibitori, il fattore VIII esogeno viene analizzato sotto il profilo immunologico  e quindi tollerato dal nostro sistema. Buona parte della attuale ricerca sull’immunogenicità del fattore VIII esogeno sta cercando di identificare quali possano essere i reali “fattori di rischio” che agiscono come adiuvanti alle gravi risposte immunitarie anti-fattore VIII. Tuttavia, molti dei fattori di rischio presenti in concomitanza della somministrazione di fattore VIII e capaci di sviluppare una risposta infiammatoria, inizialmente ipotizzati come potenziali cause dello sviluppo di inibitori (ad es. sanguinamento, infezione e vaccinazione) si è scoperto di recente non essere correlati a tale complicanza. Viceversa, recenti evidenze suggeriscono come alcune cellule presenti nei pazienti che non hanno sviluppato inibitori siano capaci di attivare sostanze anti-infiammatorie e tollerogeniche  indispensabili  per sopprimere le risposte del sistema immunitario, tali cellule risultano invece assenti nei pazienti con inibitori.

Si ritiene che la risposta immunitaria al FVIII sia una risposta immunitaria classica contro un antigene esogeno, in cui parte del FVIII somministrato per via endovenosa si accumula transitoriamente negli organi linfoidi secondari, come osservato nelle milze di topi con deficit di FVIII, per essere poi interiorizzata dalle cellule presentanti l’antigene ed essere successivamente presentata alle cellule T CD4+ specifiche per il FVIII-naive. All’attivazione, i linfociti T specifici per il FVIII proliferano e agiscono sinergicamente con le cellule B specifiche per il FVIII-naive che si differenziano nelle cellule B di memoria o nei plasmociti che secernono IgG inibitorie anti-FVIII.

La dose di FVIII somministrato è uno dei pochi parametri che ha mostrato una reale associazione con lo sviluppo di una risposta immunitaria anti-FVIII. Uno studio effettuato in  topi con deficit di FVIII ha chiaramente dimostrato che l’aumento della dose di FVIII per via endovenosa determina un aumento proporzionale dell’intensità della risposta immunitaria.
I dati sperimentali sono stati confermati dallo studio RODIN in cui l’intensità del trattamento con FVIII e la dose media di FVIII somministrato correlavano con l’incidenza dello sviluppo di inibitori in pazienti con emofilia grave. Al contrario, la riduzione della quantità di FVIII interiorizzata da cellule presentanti l’antigene e, di conseguenza, presentata a cellule T CD4 + è stata ipotizzata come un meccanismo mediante il quale il fattore di von Willebrand può svolgere un ruolo immuno-protettivo nei confronti del FVIII esogeno.

Traumi, chirurgie, infezioni o vaccinazioni al momento della somministrazione di FVIII sono stati proposti come potenziali fattori di rischio infiammatori che potrebbero predisporre i pazienti affetti da emofilia A a sviluppare allo-anticorpi contro il FVIII esogeno. I dati sperimentali sono stati confrontati con le osservazioni cliniche retrospettive riportate nel registro PEDNET dove si evidenzia invece come le vaccinazioni effettuate in una popolazione pediatrica in prossimità della somministrazione di FVIII non sono associate ad un aumentato rischio di sviluppo di inibitori. È interessante notare inoltre come invece la vaccinazione antinfluenzale effettuata in concomitanza con il trattamento con il FVIII ha ridotto significativamente l’incidenza delle risposte immunitarie anti-FVIII nei topi. L’infiammazione cronica associata a sanguinamento ricorrente e emartro acuto in seguito a lesione al ginocchio in topi con deficit di FVIII non ha aumentato la risposta immunitaria al FVIII esogeno. Stesse ipotesi possono quindi essere traslate nell’uomo.

Nel complesso, la grande maggioranza delle indagini condotte negli ultimi 10 anni non è riuscita a identificare i fattori di rischio del paziente il cui controllo avrebbe inequivocabilmente ridotto l’immunogenicità del FVIII esogeno, riflettendo la possibilità che tali fattori non fossero poi così importanti come si era ipotizzato inizialmente nel dare inizio alla risposta immunitaria anti-FVIII. In alternativa, si è ipotizzato come possa esistere un  livello basale di attivazione del sistema immunitario innato/adattivo tale da essere sufficiente a consentire l’attivazione di cellule T specifiche per il FVIII-naive senza la necessità di fattori di rischio evidenti, a condizione però che una quantità sufficiente di FVIII venga interiorizzata dalle cellule presentanti l’antigene cellule, elaborata e presentata alle cellule T.

Il riconoscimento del “self”, e in particolare del FVIII, fa parte della normale omeostasi immunitaria. Oggi è chiaro che sia i linfociti B che i linfociti T subiscono processi di selezione positivi e negativi, rispettivamente nel midollo osseo e nel timo, in cui i linfociti altamente autoreattivi vengono eliminati e quelli scarsamente autoreattivi vengono mantenuti. Nel caso dei linfociti T, le cellule T timiche con affinità intermedie per gli auto-antigeni possono differenziarsi in cellule T regolatorie naturali che sopprimono le risposte delle cellule T autoreattive.

Gli inibitori del FVIII si sviluppano nel 5-30% dei pazienti a seconda della gravità dell’emofilia A. La mutazione nel gene F8 responsabile della malattia è il più forte predittore di alloimunizzazione contro il FVIII esogeno. In particolare, i pazienti con emofilia grave A, e tra questi i pazienti privi di FVIII:AG circolante, hanno la più alta incidenza di sviluppo dell’inibitore contro il FVIII. Al contrario, i pazienti con mutazioni missense hanno il più basso rischio di sviluppare inibitori del FVIII. Questa correlazione mostra quale sia l’importanza del grado di maturazione, a livello centrale nel timo o alla periferia, del sistema immunitario dei pazienti verso il FVIII endogeno: più il FVIII prodotto endogeno assomiglia al FVIII esogeno somministrato, minore è il rischio di sviluppare una risposta immunitaria neutralizzante.

Le osservazioni condotte negli anni dimostrano che il FVIII endogeno non viene ignorato dal sistema immunitario in condizioni fisiologiche, ma viene analizzato dal punto di vista immunologico, portando quindi al suo riconoscimento omeostatico basato sulla neutralizzazione di immunoreattori adattivi reattivi e tollerogenici. Gli anticorpi non neutralizzanti FVIII-reattivi si trovano praticamente in tutti i pazienti con emofilia A; anticorpi inibitori clinicamente irrilevanti sono transitoriamente rilevati in un numero considerevole di pazienti dopo la loro prima esposizione al FVIII esogeno; inoltre  gli inibitori del FVIII possono insorgere in un’età in cui i meccanismi di regolazione immunitaria sono compromessi. Lo sviluppo degli inibitori contro il FVIII si è visto anche essere associato a una ridotta capacità dell’organismo di attivare meccanismi antiinfiammatori/tollerogenici HO-1 o IDO1-dipendenti.

Complessivamente, l’evidenza accumulata in questi anni favorisce l’ipotesi che tutti i pazienti con emofilia A trattati con FVIII sviluppino una risposta immunitaria al FVIII esogeno: la formazione di una risposta immunitaria a tale fattore fa parte del normale riconoscimento e processazione di un antigene innocuo. In questo contesto, l’analisi immunologica del FVIII esogeno non richiede la presenza di evidenti fattori di rischio.

Sulla base delle osservazioni disponibili, proponiamo un modello in cui tutti i pazienti con emofilia A sviluppino risposte immunitarie anti-fattore VIII durante la terapia sostitutiva indipendentemente dai fattori di rischio associati. Postuliamo inoltre che l’insorgenza di inibitori del fattore VIII clinicamente rilevanti sia il risultato dell’incapacità del sistema immunitario di un dato paziente di sviluppare risposte tollerogeniche contrarie al fattore VIII esogeno piuttosto che da un’attivazione esacerbata del sistema immunitario al momento della somministrazione del fattore VIII.

Una migliore comprensione della patogenesi degli anticorpi anti-fattore VIII neutralizzanti avrà in futuro ripercussioni importanti sulla gestione clinica dei pazienti e metterà in evidenza nuove strategie per ottenere una tolleranza immunitaria attiva al fattore VIII esogeno.


Haematologica 2019

Pathogenic immune response to therapeutic factor VIII: exacerbated response or failed induction of tolerance?

Varthaman A and Lacroix-Desmazes S.